Il Circular Economy Network è l’osservatorio della circolarità in Italia creato dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile e da un gruppo di 13 aziende e associazioni di impresa che operano nei settori del riciclo, della produzione di bioplastiche, delle acque minerali e delle multiutility, che si prefissa l’obiettivo di promuovere lo sviluppo dell’economia circolare in Italia, elaborando proposte di policy e contribuendo alla diffusione di buone pratiche e all’innovazione di sistema.
Come riportato direttamente dal suo presidente Edo Ronchi, fresco della recente nomina, in un Paese povero di materie prime come l’Italia “il nuovo pacchetto di direttive europee, la cui approvazione è prevista a giugno, potrebbe permettere all’Italia di raggiungere un indice di circolarità superiore al 30% al 2030”.
Secondo uno studio elaborato dalla Commissione Ue, in termini di indice di circolarità, l’Italia è già oggi al secondo posto in Europa – dietro l’Olanda – nel riuso di materiali: quasi 1 chilo di materia prima ogni 5 chili di materiali consumati in Italia viene dal riciclo. Seguono Francia e Belgio.
Prosegue Ronchi evidenziando come lungaggini burocratiche nazionali e regionali, e ora anche una sentenza, abbiamo già bloccato importanti progetti di Economia Circolare nel nostro Paese. Il Circular Economy Network intende operare affinché ogni possibile ostacolo allo corretto sviluppo dell’economia circolare possa essere rimosso.
La promozione della Circular Economy non ha solo l’indubbio vantaggio di favorire il riuso e il riciclaggio dei materiali, sottraendo rifiuti alle discariche, ma secondo una stima della Fondazione Ellen Mc Arthur si prevede per l’Europa un risparmio netto annuo fino a 640 miliardi di dollari sul costo di approvvigionamento dei materiali per il sistema manifatturiero europeo dei beni durevoli, pari al 20% circa del costo attualmente sostenuto. I vantaggi della conversione del settore manifatturiero verso l’economia del riciclo, secondo stime dell’Enea, si traducono anche in occupazione aggiuntiva che può arrivare a creare fino a 540 mila posti di lavoro entro il 2030.
A costituire il gruppo fondatore e il comitato di coordinamento del Circular Economy Network sono aziende e consorzi quali: Aitec (Associazione delle industrie cementiere), Burgo Group (settore cartario), Cobat (Consorzio nazionale raccolta e riciclo), Co.Ge.Di (distribuzione dei prodotti a marchio Uliveto e Rocchetta), Conai (Consorzio nazionale Imballaggi), Ecodom (Consorzio italiano recupero e riciclaggio elettrodomestici), Ecopneus (la società consortile per il recupero degli pneumatici fuori uso), Fater (joint venture tra Procter & Gamble e Gruppo Angelini per la produzione di pannolini), Greenrail (produzione di traverse ferroviarie innovative da gomma e plastica da riciclo), GRT Group (trasformazione di plastica non riciclabile in carburante), Gruppo Hera (multiutility dei servizi ambientali), Montello (industria del recupero e riciclo), Novamont (azienda della bioeconomia e delle bioplastiche).
Tra le prime iniziative che il Network intende porre in essere a breve sono previste la realizzazione di un premio per le start-up più innovative (a settembre), la partecipazione agli Stati generali della Green Economy alla Fiera Ecomondo (a novembre), la realizzazione di un Rapporto annuale sullo stato dell’economia circolare (a febbraio).
Fonte La Stampa