Le fibre vegetali sono sempre state utilizzate sin dall’antichità per la produzione di tessuti e filati; basta pensare a materiali quali il cotone, il lino, la canapa, la iuta. L’avvento delle fibre sintetiche a partire dagli anni 50 ha ovviamente modificato in maniera radicale lo scenario, rendendo di fatto queste ultime le vere protagoniste del mercato tessile. La recente crescente attenzione verso i temi ecologisti ha riportato in auge l’uso di fibre naturali, vegetali in primis, anche se i costi di produzione risultano ancora nettamente maggiori rispetto ai corrispondenti sintetici. Le fibre sintetiche hanno però impatti ambientali significativi, specie per i danni che le microfibre creano ai corsi d’acqua, con ricadute negative anche su tutta la catena alimentare.
Da qui è nata una maggiore consapevolezza del mondo della moda in generale per i temi della sostenibilità ambientale. Così è stato ormai molti anni fa anche per Qwstion, marchio svizzero di borse e zaini che dal 2008 propone soluzioni ecologiche di alto profilo. Dopo una lunga ricerca si è arrivati a selezionare le piante di banana che sono alla base del Bananatex, materiale resistente, funzionale, fatto esclusivamente con fibre vegetali.
I cinque fondatori di Qwstion hanno sempre ritenuto fondamentale che oltre alla qualità estetica dei prodotti, fosse necessario anche l’utilizzo di materiali sostenibili: per anni hanno testato diverse alternative al tessile sintetico, finché nel 2013 hanno deciso di puntare tutto sulla tela di cotone biologico al 100%. Nel 2015 sono venuti a conoscenza dell’abacà, una specie appartenente alla famiglia dei banani, che crescono naturalmente nelle Filippine, in un ambiente naturale senza bisogno di irrigazione, pesticidi, fertilizzanti.
Dalle piante di abacà, detta anche canapa di Manila, si ricava una fibra talmente resistente che tradizionalmente veniva utilizzata per realizzare grosse funi. I banani da cui si ricava la preziosa fibra vengono coltivati attraverso tecniche di agricoltura biologica, a impatto zero, nella provincia di Catanduanes. Il processo di lavorazione delle fibre tocca varie tappe: dalle Filippine passa a Taiwan, e da lì vola in Cina, dove diventa tessuto, per approdare poi a Zurigo dove si trova l’hub creativo. Il risultato è Bananatex, un materiale resistente, durevole, flessibile, impermeabile, grazie alla finitura in cera d’api che dona una texture particolarmente piacevole al tatto.
Un’altra peculiarità del progetto promosso dai cinque designer svizzeri è di essere completamente open source, perché l’azienda vuole incoraggiare altri brand a replicarlo puntando al fine ultimo e più nobile: quello della sostenibilità globale, come riferito da uno dei suoi creatori. “Perché la maggioranza degli zaini è fatta di plastica? In un momento storico in cui il danno ambientale causato dalla plastica è innegabile, dovremmo domandarcelo. La risposta è semplice: il processo di produzione dei tessuti sintetici è più economico rispetto a quello delle loro alternative vegetali, specialmente perché ci lavorano meno persone. Questo aspetto invita a porsi un’altra domanda: è meglio dare priorità all’accessibilità del consumatore attraverso una produzione low cost, o offrire una fonte stabile di introiti a un numero più esteso possibile di persone? La complessità di questa sfida è enorme, e ci ha motivato tantissimo nel cercare soluzioni”.
La collezione Bananatex di Qwstion include borse e zaini di varie dimensioni, ma anche marsupi. Fiore all’occhiello, Roll Pack, zaino arrotolabile dalla capienza flessibile, e Hip Pouch, un trendy marsupio per portare con sé l’essenziale. Tra gli ultimi arrivati, la Flap Tote Collection e la Minimal Collection, oltre a Biolight che è una linea di prodotti in cotone organico con le finiture in Bananatex. Lo stile di Qwstion è minimale, essenziale, funzionale: “Per la collezione Bananatex il design è stato molto influenzato dal materiale stesso”, spiegano sempre dall’azienda. “Abbiamo cercato di massimizzare la sostenibilità e la possibilità di riciclare ogni pezzo, puntando a non produrre alcuno scarto. Il risultato si vede in Roll Pack e Hip Pouch: sono semplici, pratici e versatili. E, alla fine del loro ciclo di vita, non lasciano alcuna traccia: il materiale è biodegradabile al 100% e le varie componenti sono riciclabili. Così il cerchio si chiude davvero”.
Fonte: la stampa.it – qwstion.com